La gestione economica è pastorale


  • 07 Marzo 2020

Non tutti forse sapranno che già oltre 50 anni fa il Concilio Vaticano II aveva individuato chiaramente i tre scopi che giustificano l’esistenza dei beni temporali gestiti dalla Chiesa, detti anche beni ecclesiastici.
Il primo è il culto, cioè la buona organizzazione del culto divino. Il secondo è il clero, cioè il dignitoso mantenimento del clero. Infine la carità, cioè il sostenimento delle opere di apostolato e di carità, specialmente in favore dei poveri.


Oggigiorno, forse in ritardo, ma meglio tardi che mai, si comincia a percepire chiaramente in ambito ecclesiale la presa di coscienza che la gestione dei beni ecclesiastici fa parte a pieno titolo della pastorale. Questo perché sta emergendo la consapevolezza che la testimonianza di coerenza o meno delle scelte gestionali con, per esempio, i tre scopi dettati dal Concilio Vaticano II è capace di avvicinare o allontanare i fedeli dalla Chiesa stessa.
La gestione del patrimonio economico non è una “perdita di tempo” a scapito della pastorale, ma è essa stessa pastorale. A questo proposito, il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, ha affermato nel Rapporto annuale 2016 della sua Diocesi che: «… [la gestione economica] è luogo di annuncio e di verifica della nostra credibilità».
Interessante cogliere alcune frasi che stanno comparendo in riviste di settore come quella che afferma che l’analisi del bilancio economico di un ente ecclesiastico sia come la radiografia del suo corpo ecclesiale, grazie la quale si può effettuare una diagnosi e individuare una cura per le eventuali patologie emerse. Qualcuno asserisce, inoltre, che leggendo un bilancio economico di un ente ecclesiastico, alla luce della Parola di Dio, si può comprendere “dove sta il suo cuore” poiché normalmente “si spende per quello che si ama”.


Il discorso appena sviluppato si potrebbe così sintetizzare: anche la gestione economica ecclesiastica rappresenta un autentico luogo di annuncio e di evangelizzazione.
Se quanto scritto sinora è vero, e a mio avviso lo è di sicuro, un buon gestore di beni ecclesiastici deve sempre rispettare e promuovere principi quali la trasparenza, la correttezza e il rendere conto dei risultati raggiunti.

Alessandro Pellizzari

a.pellizzari@murialdoworld.org

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