DI NUOVO IN SCENA LA VITA E LA FIGURA DI PADRE LIBERO RAGANELLA


  • 06 Febbraio 2024

E’ tornato in scena a San Lorenzo, nello storico Cinema Tibur - nel quartiere da tutti conosciuto come il “Cinema dei Preti” - lo spettacolo teatrale “Io Libero”, una rappresentazione ispirata alla figura di Padre Libero Raganella, il sacerdote Giuseppino nato proprio a San Lorenzo che durante gli anni della seconda guerra mondiale, e non solo, ebbe modo di lasciare un segno indelebile tra la sua gente.

Scritto da Veronica Liberale con la regia di Fabrizio Catarci e Mauro Mandolini nella parte di padre Libero, “Io Libero” non è soltanto la storia e la rappresentazione della vita di una persona straordinaria, è la storia di un progetto che punta a rivitalizzare un territorio, ricomponendo e, perfino, sanando i legami sociali tra le sue varie anime. Lo spettacolo nasce, infatti, da un’idea del Comitato di Quartiere San Lorenzo (di cui lo stesso padre Libero fu presidente negli anni ’70) che tramite la figura del sacerdote vuole sensibilizzare la popolazione, specie i giovani, ai valori di accoglienza, inclusione e amore per la libertà che hanno sempre caratterizzato lo storico rione romano.

Presentato per la prima volta in occasione delle celebrazioni per l’80 anniversario del bombardamento di San Lorenzo (19 luglio 1943), lo spettacolo era stato riproposto a Rocca di Papa per i Giuseppini riuniti nell'Assemblea Nazionale della Provincia Italiana, e di recente ad Oderzo, davanti a 400 adolescenti del Centro di Formazione Professionale.

La vicenda raccontata prende spunto da un episodio accaduto nel 1957, durante l’agitazione degli abitanti del quartiere San Lorenzo contro il provvedimento di trasferire Padre Libero Raganella dalla parrocchia dell’Immacolata alla borgata di San Paolo, dove c’è bisogno di una persona forte che prendesse in mano la situazione. Padre Libero, infatti, è un prete animato da una vera e sincera carità cristiana, che ha sempre messo l’amore per la gente e la salvezza del prossimo al di sopra di qualsiasi altro interesse.

Ciò che rende particolare la figura di Padre Libero Raganella è il suo rendersi prossimo degli altri “Senza sapere da che parte stanno”, come recitava una biografia di qualche anno fa. Il suo carattere verace, la battuta arguta, l’amore spassionato per il calcio, le mani sempre pronte all’uso quando qualcuno usciva dalle righe, sono, però, elementi che rischiano di nascondere la sua vera natura, di trasformarlo in una macchietta. A rendere la sua vera statura è altro. A dirci chi era veramente quel sacerdote Giuseppino è il suo rischiare la vita per gli altri. Negli anni delle leggi razziali non si fece scrupolo di cambiare il nome dei bambini per permettere loro di continuare a studiare nella “Scuola dei Preti” (quella che allora c’era in un’ala dell’Opera San Pio X), a nascondere ebrei in alloggi di fortuna, case di amici o in istituti religiosi. A decine ne salvò in quegli anni, prendendosi cura direttamente anche del loro sostentamento, come nel caso di una famiglie di sette persone che aveva nascosto in un monastero di clausura a Largo Santa Susanna (dalle parti della Stazione Termini).

Stesso impeto e stesso coraggio mise, in seguito, per salvare da rappresaglie chi aveva indossato la camicia nera. Aveva giurato che non ci sarebbero state vendette a San Lorenzo, malgrado le ferite ancora scoperte del recente passato. E per questo rischiò di nuovo la vita per salvare da un improvvisato Tribunale del Popolo, impiantatosi nella scuola Vittorio Emanuele II, giusto di fronte al complesso dell’Immacolata, alcuni fascisti della prima ora che un manipolo di giudici voleva condannare a morte.

Lo spettacolo risulta emozionante e drammatico, ma non lesina momenti di pura ironia che non stonano, però, con la storia ed, anzi, la rendono ancora più vera ed umana. “Aridatece Padre Libero” si leggeva sugli striscioni che sventolavano a San Lorenzo prima del suo trasferimento. Il grande affetto e il sincero attaccamento della gente del quartiere non bastò a far cambiare idea ai suoi superiori, ma si sa che “I grandi amori ritornano”. Bisognò aspettare fino al 1970, ma alla fine Padre Libero tornò nel suo quartiere, per regalare a tutta San Lorenzo altri vent’anni di affetto, amicizia ed impegno sociale.

Massimo Angeli

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Dal 15 al 20 aprile,  9 sacerdoti Giuseppini si sono ritrovati in Casa Generalizia per festeggiare il loro 50mo di sacerdozio. Sono: P. Mauro Guglielmo (da Foggia), p. Mauro Peserico (da Montecchio), p. Gino Cia - p. Giuseppe Menzato - p. Paolo Manea (da Oderzo), p. Solideo Poletti e p. Leonardo Rigoni (da Ravenna), P. Pedro Olea ( da Siguenza), p. Mariano Zenere (da Madrid). Non era presente nel gruppo del 50mo p. José Vincente Novoa (Ecuador), impossibilitato a venire. A questo gruppo appartengono altri 2 confratelli venuti a mancare un paio di anni fa causa covid (p. Giuseppe Garbin e p. Franco Zago). Nei giorni trascorsi a Roma sono stati ricevuti in udienza dal papa con cui hanno potuto scambiare personalmente qualche parola. Hanno potuto visitare la comunità "Nuovi Orizzonti" e la comunità di sant'Egidio sempre a Roma mentre giovedì 19 hanno celebrato la santa messa con i nostri teologi a Viterbo, dove erano stati consacrati 50 anni fa. Una settimana di intensa esperienza, avendo potuto incontrare di nuovo compagni di ordinazione non visti da parecchi anni e codividendo esperienze fatte e ringraziando il Signore per i doni ricevuti. Han visitato Viterbo dove erano stati ordinati sacerdoti, e a Roma hanno incontrato rappresentanti della Comunità Sant'Egidio e di Nuovi Orizzonti.  Si sono presi anche un po ' di tempo per la preghiera e per dialogare tra loro e concludendo questo momento comunitario sabato 20.  A tutto il gruppo ancora tanti auguri aspettandoli per il 60mo di sacerdozio.


18 Aprile 2024

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Nuovi diaconi giuseppini

La diaconia che serve…   La gioia, come la paura, ci può a volte bloccare. Può essere un’esperienza talmente forte e coinvolgente che non lascia tempo e spazio al pensiero; e ci prende, ci invade, e ci costringe a rimanere in quello sguardo, in quell’incontro. La gioia dei discepoli alla vista del Signore risorto è di questo tipo: non una delle piccole soddisfazioni della quotidianità, non un passeggero stato d’animo, ma la consapevolezza di essere toccati nel profondo, di essere interpellati e personalmente coinvolti. Ma ancor più è una gioia tutta particolare quella dell’incontro con il Signore risorto, perché oltre alla forza immane dell’inaudito e dell’inaspettato, porta con sé la consapevolezza che in Lui le nostre più profonde paure sono davvero dissolte, che la negatività e il male, la paura e tutto ciò che è contro la nostra umanità, viene definitivamente sconfitto ed eliminato. Ma, come se non bastasse, è un incontro che riabilita la storia: sia quella che raccoglie le aspirazioni e le speranze di un popolo, sia quella che ogni essere umano porta con sé. È a questa gioia che il vescovo Piazza ha invitato Alen, Stanley e Kartik (i nuovi diaconi) ad abbeverarsi, a questa gioia a chiesto loro di diventare testimoni, a viverla e a trasmetterla. Nonostante tutte le paure e le sofferenze, nonostante la tristezza che viviamo per il distacco da chi ci ha lasciato da poco e poteva essere qui (Elvis), la diaconia che oggi è urgente annunciare e testimoniare è quella della speranza e della gioia del messaggio evangelico. Solo la consapevolezza dell’immenso dono dell’amore del Padre ci permette di leggere la nostra, e le vite di tutti, come vite nelle mani di Dio, come vite in buone mani.


15 Aprile 2024

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