Inizio dell'anno Giuseppino


  • 09 Dicembre 2020

Papa Francesco ha pubblicato una lettera apostolica tutta dedicata alla figura di san Giuseppe dal titolo "Con cuore di Padre". Il documento è stato pubblicato il giorno 8 dicembre 2020, nella ricorrenza del 150mo anniversario della proclamazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale. Con questa lettera papa Francesco ha dato inizio all'anno giuseppino che terminerà il giorno 8 dicembre 2021. I vari capitoli della lettera sono sempre indicato con il nome di Padre, che poi viene specificato: amato, nella tenerezza, nell'obbedienza, nell'accoglienza, dal coraggio creativo, lavoratore, nell'ombra. Durante questo anno giuseppino si può acquistare l'indulgenza plenaria, specie nelle ricorrenze legate san Giuseppe; domenica della Santa Famiglia, san Giuseppe, primo maggio, il 19 di ogni mese e la mercoledi. Anche la Famiglia del Murialdo, nella gioia e nella riconoscenza di questi gesto di papa Francesco, saprà organizzarsi per vivere bene questo anno giuseppino. 

Relazione di p. Tullio Locatelli, padre generale al convegno su san Giuseppe

Invocazione a San Giuseppe

La sera del 19 marzo scorso, terminata la cena, nella Casa generalizia della nostra Congregazione a Roma, la nostra comunità religiosa è attorno al televisore, seduti un poco distanti l’uno dall’altro, e recitiamo il rosario insieme a moltissimi fedeli italiani seguendo la trasmissione dalla basilica di San Giuseppe al Trionfale.

Per noi Giuseppini del Murialdo è un giorno speciale: san Giuseppe è il nostro patrono e san Leonardo Murialdo ha fondato la nostra congregazione a Torino, nella cappella del Collegio Artigianelli in corso Palestro, il 19 marzo 1873.

Sono contento della scelta fatta perché questa chiesa fu eretta agli inizi del 1900 grazie a don Luigi Guanella e all’aiuto di Papa Pio X, da loro dedicata a san Giuseppe perché si era convinti che nessun santo, meglio dello Sposo della Vergine Maria, che quale Patrono dei lavo- ratori ed esempio del padre delle famiglie cristiane, poteva essere invocato come protettore di quel popoloso quartiere.

La preghiera si rivolge per intercessione di san Giuseppe al Padre perché liberi l’Italia e tutte le nazioni dal flagello della pandemia del coronavirus. È lo stesso Papa Francesco che nelle brevi parole prima della recita del rosario chiama in causa san Giuseppe, dicendo: «Proteggi, Santo Custode, questo nostro Paese... Dona l’intelligenza della scienza... Sostieni chi si spende per i più bisognosi... Benedici, san Giuseppe, la Chiesa... Accompagna, san Giuseppe le famiglie... Preserva gli anziani dalla solitudine... Consola chi è più fragile, incoraggia chi vacilla, intercedi per i poveri. Con la Vergine Madre, supplica il Signore perché liberi il mondo da ogni for- ma di pandemia».


San Giuseppe Patrono della Chiesa universale

Mentre si sgrana il rosario la memoria va ad un altro momento della storia della Chiesa: l’8 dicembre 1870 san Giuseppe veniva proclamato «Patrono della Chiesa cattolica» da Papa Pio IX con il decreto che in latino portava come titolo Quemadmodum Deus (in italiano «Nella stessa maniera di Dio»).

Non correvano tempi belli per il papato dopo che l’esercito italiano era entrato a Roma il 21 settembre 1870. Era la fine del potere temporale del Papa e Roma sarebbe stata proclamata la capitale d’Italia. Lo stesso Papa si era rifugiato nei palazzi vaticani ritenendosi prigioniero e di- chiarando invasore lo Stato italiano. Una situazione che durò fino al 1929, quando si stipularono i Patti lateranensi tra Stato italiano e Città del Vaticano. Tra l’altro nel luglio precedente si era interrotto il Concilio Vaticano I, che si stava celebrando a Roma nella Basilica di San Pietro, allo scoppio della guerra franco-prussiana e per le conseguenze sulla po- litica italiana di espansione del Regno d’Italia.

Si può quindi immaginare con quale stato d’animo Papa Pio IX abbia scritto questo documento. Anche perché c’è un particolare da far notare subito. Il decreto, infatti, non è firmato dal Papa ma dal Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, il cardinale Costantino Patrizi, Vescovo di Ostia e Velletri, e dal suo segretario mons. Domenico Bartolini.

Il Papa non volle porre la sua firma perché il Governo italiano pretendeva la revisione e il controllo degli atti pontifici prima della loro pubblicazione. Pio IX volle evitare tale umiliazione, da lui ritenuta un sopruso. Papa Pio IX spiega così la scelta: «Ora, poiché, in questi tempi tristissimi la stessa Chiesa, da ogni parte attaccata da nemici, è talmente oppressa dai più gravi mali, che uomini empi pensarono che finalmente le porte dell’inferno avevano prevalso contro di lei, perciò i Venerabili Eccellentissimi Vescovi dell’Universo Orbe Cattolico inoltrarono al Sommo Pontefice le loro suppliche e quelle dei fedeli alla loro cura affidati chiedendo che si degnasse di costituire San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica. Avendo poi nel Sacro Ecumenico Concilio Vaticano più insistentemente rinnovato le loro domande e i loro voti, il Santissimo Signor Nostro Pio Papa IX, costernato per la recentissima e luttuosa condizione di cose, per affidare Sé e tutti i fedeli al potentissimo patrocinio del Santo Patriarca Giuseppe, volle soddisfare i voti degli Eccellentissimi Vescovi e solennemente lo dichiarò Patrono della Chiesa Cattolica». Siamo nel 1870 e quindi il linguaggio è solenne e un poco enfatico, ma è importante andare al cuore del discorso. 

Il Papa, innanzitutto, descrive in modo drammatico la sua situazione: la Chiesa è attaccata, circondata, op- pressa, anzi qualcuno ne prevede anche la fine. Di fronte a questo stato di cose è arrivata al Papa la richiesta da parte dei Vescovi i quali chiedono che ci si rivolga a san Giuseppe proclamandolo patrono della Chiesa.

E’ chiaro che il Papa vede in questa richiesta dei Vescovi una partecipazione alla sua situazione e una condivisione del momento tristissimo in cui la Chiesa si trova a vivere. La risposta del Papa è del tutto ovvia e scontata, anzi corrisponde alla sua personale devozione a san Giuseppe. Il Papa affida a san Giuseppe se stesso e tutti i fedeli, esprimendo una comunione profonda con tutta la Chiesa e chiedendo a tutti di condividere la scelta. Proclamare patrono san Giuseppe è proporlo alla Chiesa come degno di un culto particolare perché lo si designa quale speciale protettore e avvocato presso Dio.

Il teologo Paul Gauthier spiega così questo titolo di san Giuseppe: “Proclamando san Giuseppe patrono della Chiesa il Sommo Pontefice sapeva benissimo di non conferire allo sposo di Maria un onore e un compito nuovo. Poiché questo patronato universale appare come l’estensione logica del mistero dell’Incarnazione; è, difatti, il prolungamento normale della particolare missione affidata a san Giuseppe, che egli ha dovuto compiere nell’economia della salvezza. La proclamazione fatta dal Papa riconosce la singolare grandezza di san Giuseppe, la sua santità, e anche la sua gloria e potenza in cielo presso Dio. Il capo della Santa Famiglia è anche chiamato ad essere il custode e difensore della Chiesa. Accanto alla maternità universale e spirituale di Maria, si colloca ora san Giuseppe quale Patrono Universale”.

Il patrocinio di San Giuseppe

La dichiarazione pontificia si pone nella scia di una particolare devozione ver- so san Giuseppe del quale si invoca il patrocinio. Non si tratta di una novità, basti pensare che nel 1695 il Consiglio comunale della città di Torino delibera l’atto di affidamento al patrocinio di san Giuseppe, dichiarato comprotettore della città. In città in via Baiardi c’è la chiesa dedicata al Patrocinio di San Giuseppe.

Di certo la dichiarazione pontificia rinnova tale devozione e forse è anche alla base del fatto che diverse congregazioni maschili e femminili, nate nella seconda metà dell’800, proclamino san Giuseppe loro patrono e siano a lui dedicate. Diffusore del patrocinio di san Giuseppe fu il venerabile don Eugenio Reffo, giuseppino del Murialdo e secondo suo successore nella guida della Congregazione di San Giuseppe, confondatore della Congregazione dei Giuseppini del Murialdo.

Convinto che nessuno deve perdersi d’animo quando si ha san Giuseppe dalla propria parte, scrive: «Tutte le virtù hanno in san Giuseppe il loro patrono: ai tribolati dispensa la pazienza; ai sudditi, l’umiltà e l’ubbidienza; ai superiori, la prudenza; ai peccatori, il pentimento; ai tiepidi, il fervore; agli apostoli, lo zelo; a tutti poi l’oro purissimo dell’amo-re di Dio».

Non c’è che da scegliere, san Giuseppe è già pronto, perché continua don Reffo: «Il suo cuore è amabile e compassionevole, già pronto a compatire, perdonare e soccorrere... non solo egli esaudisce chi lo prega, ma addirittura soccorre i suoi devoti prima ancora che a lui si rivolgano».

Il «custodire» di san Giuseppe

Forse il termine patrocinio è un poco antiquato e si preferisce parlare di san Giuseppe quale «custode».

Mi pare che il termine «custode» definisca bene il compito di Giuseppe verso Gesù e verso la Chiesa, ponendo una continuità molto bella tra la storia che i Vangeli ci tramandano e il tempo in cui viviamo.

Ora come allora, si può contare su un custode che nel nome del Signore è presso di noi per aiutarci, difenderci, e per presentare le nostre suppliche al Padre.

La riflessione su san Giuseppe pone le basi per una devozione profonda, senza smagliature ed è proposta a tutta la Chiesa, perché di tutti i fedeli san Giuseppe è custode. Per questo mi sembra di cogliere un legame profondo tra la proclamazione del 1870 e la preghiera che in questi giorni rivolgiamo a san Giuseppe.

Pio IX si rivolgeva a san Giuseppe perché difendesse la Chiesa da una peste di errori e di vizi, dal potere delle tenebre, da ostili insidie ed avversità e chiedeva a san Giuseppe: «Difendici, proteggici, assistici, salvaci».

Oggi insieme a Papa Francesco preghiamo san Giuseppe per ogni uomo e per ogni nazione, a lui chiediamo di essere custode dell’esistenza, conforto nelle angustie, sostegno nelle difficoltà.

Il «noi» di Papa Francesco è tutta l’umanità, non solo la Chiesa.

Chiediamo a san Giuseppe di essere custode della salute e di proteggere il mondo dalla pandemia che scuote la fiducia nel futuro e rende più fragile la speranza.

Mentre la preghiera del rosario volge al termine, il regista inquadra il grande mosaico dell’abside nel quale campeggia san Giuseppe. Penso che l’umile san Giuseppe ha avuto un momento di gloria, ma soprattutto spero che grazie a lui nessuno si senta più solo per avere trovato un custode di tutti e di ciascuno.

Infine sarebbe bello che il prossimo 8 dicembre 2020 potessimo trovarci insieme a ringraziare san Giuseppe nel 150° anniversario della sua proclamazione a patrono della Chiesa universale.

 Tullio Locatelli, padre generale 

 

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Festeggiana 50mo di sacerdozio...

Dal 15 al 20 aprile,  9 sacerdoti Giuseppini si sono ritrovati in Casa Generalizia per festeggiare il loro 50mo di sacerdozio. Sono: P. Mauro Guglielmo (da Foggia), p. Mauro Peserico (da Montecchio), p. Gino Cia - p. Giuseppe Menzato - p. Paolo Manea (da Oderzo), p. Solideo Poletti e p. Leonardo Rigoni (da Ravenna), P. Pedro Olea ( da Siguenza), p. Mariano Zenere (da Madrid). Non era presente nel gruppo del 50mo p. José Vincente Novoa (Ecuador), impossibilitato a venire. A questo gruppo appartengono altri 2 confratelli venuti a mancare un paio di anni fa causa covid (p. Giuseppe Garbin e p. Franco Zago). Nei giorni trascorsi a Roma sono stati ricevuti in udienza dal papa con cui hanno potuto scambiare personalmente qualche parola. Hanno potuto visitare la comunità "Nuovi Orizzonti" e la comunità di sant'Egidio sempre a Roma mentre giovedì 19 hanno celebrato la santa messa con i nostri teologi a Viterbo, dove erano stati consacrati 50 anni fa. Una settimana di intensa esperienza, avendo potuto incontrare di nuovo compagni di ordinazione non visti da parecchi anni e codividendo esperienze fatte e ringraziando il Signore per i doni ricevuti. Han visitato Viterbo dove erano stati ordinati sacerdoti, e a Roma hanno incontrato rappresentanti della Comunità Sant'Egidio e di Nuovi Orizzonti.  Si sono presi anche un po ' di tempo per la preghiera e per dialogare tra loro e concludendo questo momento comunitario sabato 20.  A tutto il gruppo ancora tanti auguri aspettandoli per il 60mo di sacerdozio.


18 Aprile 2024

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Nuovi diaconi giuseppini

La diaconia che serve…   La gioia, come la paura, ci può a volte bloccare. Può essere un’esperienza talmente forte e coinvolgente che non lascia tempo e spazio al pensiero; e ci prende, ci invade, e ci costringe a rimanere in quello sguardo, in quell’incontro. La gioia dei discepoli alla vista del Signore risorto è di questo tipo: non una delle piccole soddisfazioni della quotidianità, non un passeggero stato d’animo, ma la consapevolezza di essere toccati nel profondo, di essere interpellati e personalmente coinvolti. Ma ancor più è una gioia tutta particolare quella dell’incontro con il Signore risorto, perché oltre alla forza immane dell’inaudito e dell’inaspettato, porta con sé la consapevolezza che in Lui le nostre più profonde paure sono davvero dissolte, che la negatività e il male, la paura e tutto ciò che è contro la nostra umanità, viene definitivamente sconfitto ed eliminato. Ma, come se non bastasse, è un incontro che riabilita la storia: sia quella che raccoglie le aspirazioni e le speranze di un popolo, sia quella che ogni essere umano porta con sé. È a questa gioia che il vescovo Piazza ha invitato Alen, Stanley e Kartik (i nuovi diaconi) ad abbeverarsi, a questa gioia a chiesto loro di diventare testimoni, a viverla e a trasmetterla. Nonostante tutte le paure e le sofferenze, nonostante la tristezza che viviamo per il distacco da chi ci ha lasciato da poco e poteva essere qui (Elvis), la diaconia che oggi è urgente annunciare e testimoniare è quella della speranza e della gioia del messaggio evangelico. Solo la consapevolezza dell’immenso dono dell’amore del Padre ci permette di leggere la nostra, e le vite di tutti, come vite nelle mani di Dio, come vite in buone mani.


15 Aprile 2024

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