IL MESSAGGIO DEL PADRE GENERALE PER L' AVVENTO
- 27 Novembre 2020
A TUTTI I CONFRATELLI
ALLA FAMIGLIA DEL MURIALDO
BUON AVVENTO
Carissimi confratelli.
Stiamo vivendo un tempo particolare, nel quale tante sono le domande che restano inevase. Quando finirà la pandemia? E allora come saremo? E via di seguito.
Non ho risposte. Vi scrivo perché mi metto accanto a ciascuno di voi, alle vostre comunità, ai tanti della Famiglia del Murialdo, ai giovani e alle loro famiglie, a quanti si avvicinano in cerca di un aiuto e di una presenza amica.
Mi permetto di condividere con voi quello che a mia volta ho meditato in questi giorni e che vorrei fosse un’indicazione forte per il mio cammino di Avvento, perché Natale 2020 non può essere che diverso, dentro e attorno a noi.
Dunque tre semplici pensieri.
1.Servire la vita, dove la vita accade
Non possiamo fare tutto e rispondere a tutto. Ma non possiamo nemmeno rimanere legati alle nostre programmazioni, ai nostri progetti. Capisco che la gestione delle comunità e dell’opera hanno le loro esigenze e i loro problemi, peraltro oggi aumentati, ma rimaniamo aperti, viviamo “in uscita”. La vita ci interpella e non è possibile racchiuderla nei nostri schemi.
2. Il cammino è la meta
Siamo stati abituati a pensare al camminare come un mezzo per raggiungere il fine, la meta. Oggi nella povertà delle risposte, possiamo scoprire che il cammino stesso è una meta. Mi sembra di cogliere nell’enciclica Fratelli tutti questo atteggiamento che indica dialogo, apertura, accoglienza, perché tutti ci incontriamo nel cammino. E i cammini sono da reinventare ogni giorno. A noi l’impegno di non lasciare indietro nessuno, di fare spazio e di dare tempo perché nessuno si senta uno scarto.
3.“Perché quando sono debole, allora sono forte” (2 Cor 12, 10)
Ma di quale forza stiamo parlando? Vivere l’Avvento è prepararsi ad accogliere Dio nella sua debolezza e accettare che questa è la via scelta per salvarci. Ha fatto propria la nostra debolezza, non ha scelto solo di venire “per” noi uomini, ma ha scelto di essere “come” noi. Viviamo l’Avvento non solo come un tempo “più ascetico” per portare frutto nel nostro cammino di santità, ma come invito ad un’immersione più profonda nelle debolezze e nelle ferite dell’umanità, da cui non ci sentiamo estranei perché “siamo tutti sulla stessa barca”.
Infine ancora una volta sentiamo il bisogno che Lui salga sulla nostra barca e che ci aiuti a fare delle “ferite” delle “feritoie” che fanno passare la luce. In questo senso ogni debolezza dà corpo alla nostra preghiera e dà forza al nostro bisogno di comunione con Lui e tra noi.
Un forte abbraccio per ciascuno.
Con affetto.
p. Tullio Locatelli
padre generale
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