La Conferenza Interprovinciale (1)


  • 30 October 2021

CONFERENZA INTERPROVINCIALE

SAN GIUSEPPE VESUVIANO, 30 OTTOBRE 2021

Guardiamo avanti”

 

Carissimi tutti, benvenuti a San Giuseppe Vesuviano, la città di San Giuseppe.

Proprio a san Giuseppe dedico questi giorni di lavoro e a Lui insieme con voi chiedo la capacità di un dialogo aperto e sincero, di uno sguardo profetico, di un cammino condiviso.

In un primo tempo pensavo di ripercorrere insieme con voi il documento del capitolo generale XXIII, facendo perno su alcune parole che ne sono il cuore o le colonne.

Faccio riferimento al “noi”, a “ascolto”, a “Famiglia del Murialdo”, a “formazione”, “a cambiamento” e altre che ciascuno secondo la sua propria sensibilità ritiene altrettanto importanti e fondamentali.

Il proseguo della riflessione mi ha portato su un’altra strada perché mi si è sempre più presentata alla mente e al cuore una parola che nel documento finale del CG XXIII non c’è e non ci poteva essere: “pandemia”. Questa è la parola, la situazione, il trauma, la sfida, la vita e la morte, che ci hanno interpellato.

In queste giornate faremo esperienza di sinodalità, tratteremo di diversi argomenti, ma non possiamo dimenticare che, come tutti, abbiamo vissuto una esperienza inedita e traumatica, esperienza che per certi aspetti siamo ancora dentro, poco o tanto, di sicuro non siamo ancora fuori.

La pandemia ha condizionato la vita dei singoli e delle comunità, delle opere e delle strutture, tuttavia… Di fatto su tre anni appena trascorsi, due sono stati segnati dalla pandemia.

Ho tanti motivi per rendere grazie al Signore per come la Famiglia del Murialdo ha vissuto questo tempo.

Siamo stati bloccati, ma non siamo rimasti fermi; quante forme di servizio, quelle di sempre e quelle nuove, sono state messe in atto.

Ci hanno chiesto di stare a distanza, ma non ci siamo sentiti lontani gli uni dagli altri, anzi grazie ai mezzi di comunicazione ci siamo sentiti, ci siamo visti… il virtuale non è il presenziale, ma lo abbiamo sfruttato tanto da diventare normale anche oltre la pandemia.

Abbiamo fatto esperienza del limite, ma abbiamo trasformato la debolezza, la fragilità in fonte di coraggio creativo, perché le ferite diventassero delle feritoie che potessero offrire luce per vie nuove.

Forse abbiamo anche capito che alle volte il rallentare, il prendere un passo più lento, ci aiuta a capire meglio la direzione, a sentire di più gli altri accanto a noi, a misurare meglio le nostre forze.

Credo che ci abbia fatto bene sentirci un poco di più come gli altri; a dire la verità non troppo perché le nostre possibilità e risorse sono sempre molte rispetto alla media delle possibilità della gente.

Si dice spesso che siamo tutti nella stessa barca; preferisco dire che siamo tutti nello stesso mare in burrasca e che le barche sono diverse.

E tanto ancora, senza dimenticare chi ci ha lasciato, otto confratelli, parenti, amici, conoscenti.

Dunque siamo qui e il nostro dire non può fare a meno di tenere presente tale situazione, anche perché ci siamo detti che il dopo pandemia avrebbe segnato una discontinuità, aprendo scenari nuovi.

Infine una parola su questa Conferenza interprovinciale che stiamo per iniziare.

Essa si celebra a metà del sessennio 2018-2024 ed è del tutto ovvio che possa dare uno sguardo al passato e soprattutto occasione di porre indicazioni operative per il futuro.

Per questo si è deciso che essa fosse allargata nella partecipazione, fosse di fatto una esperienza di Famiglia del Murialdo.

Ricordo alcune battute iniziali del documento inviato dal consiglio generale all’inizio del cammino di riflessione.

Dice il documento:

La CI si attua sullo sfondo della pandemia che ha accentuato la crisi (culturale, economica, ecclesiale) e che ci provoca ad accelerare la conversione (mentale, spirituale, pastorale, strutturale) e i cambiamenti. Punto di riferimento rimangono

gli orientamenti del capitolo generale. La pandemia, però, ci mette l’urgenza di far diventare quegli orientamenti scelte operative (processi, stile, riforme, riorganizzazione). La sensazione è, spesso, che le direzioni di cammino, pur colte e dichiarate, non diventano operative. Lo abbiamo sperimentato anche in questo triennio. Sarà importante, allora, dare alla CI un carattere operativo, verificando il cammino fatto, ai diversi livelli, e facendo delle scelte che esprimano un reale cambiamento.

L’obiettivo generale è, dunque, di rendere operative le direzioni di cammino del capitolo generale, lasciandoci ispirare dal carisma, sentendoci in cammino con la Chiesa di Papa Francesco e aprendoci alle sfide del nostro tempo che si fanno sempre più incalzanti. Siamo ormai a un bivio e alcuni cammini di conversione sono ormai irrinunciabili. Quali?

Ci sentiamo provocati a sentirci pienamente nella società e nel mondo, in cammino con tutti, partecipando alla costruzione di società più fraterne, assumendo il punto di vista dei giovani poveri e degli “scartati”, facendo nostre le esigenze di una ecologia integrale, della pace, della solidarietà. Dobbiamo imparare a vivere e lavorare, come educatori e pastori, nella corresponsabilità, in rete, con spirito sinodale, come famiglia del Murialdo. Sentiamo che il carisma è un dono, è particolarmente attuale e deve dar forma a quello che facciamo, al nostro essere educatori, ai nostri stili relazionali e apostolici. Per questo ci rinnoviamo come cristiani, come religiosi e religiose, come laici e laiche, come figli del Murialdo, come cittadini del mondo. Queste attenzioni le sentiamo un po’ riassunte nella provocazione del Papa sul “patto educativo globale”. Tale provocazione ci raggiunge in quanto persone che vivono una missione educativa, che vogliono crescere nella fraternità globale, che vogliono assumere il punto di vista dei giovani, che vogliono essere aperte a tutti e avere una mentalità universale.

San Giuseppe, custode del Signore, si faccia particolare custode nostro in questi giorni, tanto da essere come il terreno che riceve il seme e lo custodisce perché porti frutto.

Ci scambiamo gli auguri di buon lavoro e insieme invochiamo la presenza dei nostri santi patroni: la vergine Maria, san Giuseppe, san Leonardo Murialdo, il beato Giovanni Schiavo, il venerabile don Eugenio Reffo, il servo di Dio don Angelo Cuomo (nativo di questo paese), il servo di Dio don Ettore Cunial.

Buon lavoro.

p. Tullio Locatelli

padre generale


 

NEWS

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Festeggiana 50mo di sacerdozio...

Dal 15 al 20 aprile,  9 sacerdoti Giuseppini si sono ritrovati in Casa Generalizia per festeggiare il loro 50mo di sacerdozio. Sono: P. Mauro Guglielmo (da Foggia), p. Mauro Peserico (da Montecchio), p. Gino Cia - p. Giuseppe Menzato - p. Paolo Manea (da Oderzo), p. Solideo Poletti e p. Leonardo Rigoni (da Ravenna), P. Pedro Olea ( da Siguenza), p. Mariano Zenere (da Madrid). Non era presente nel gruppo del 50mo p. José Vincente Novoa (Ecuador), impossibilitato a venire. A questo gruppo appartengono altri 2 confratelli venuti a mancare un paio di anni fa causa covid (p. Giuseppe Garbin e p. Franco Zago). Nei giorni trascorsi a Roma sono stati ricevuti in udienza dal papa con cui hanno potuto scambiare personalmente qualche parola. Hanno potuto visitare la comunità "Nuovi Orizzonti" e la comunità di sant'Egidio sempre a Roma mentre giovedì 19 hanno celebrato la santa messa con i nostri teologi a Viterbo, dove erano stati consacrati 50 anni fa. Una settimana di intensa esperienza, avendo potuto incontrare di nuovo compagni di ordinazione non visti da parecchi anni e codividendo esperienze fatte e ringraziando il Signore per i doni ricevuti. Han visitato Viterbo dove erano stati ordinati sacerdoti, e a Roma hanno incontrato rappresentanti della Comunità Sant'Egidio e di Nuovi Orizzonti.  Si sono presi anche un po ' di tempo per la preghiera e per dialogare tra loro e concludendo questo momento comunitario sabato 20.  A tutto il gruppo ancora tanti auguri aspettandoli per il 60mo di sacerdozio.


18 April 2024

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Nuovi diaconi giuseppini

La diaconia che serve…   La gioia, come la paura, ci può a volte bloccare. Può essere un’esperienza talmente forte e coinvolgente che non lascia tempo e spazio al pensiero; e ci prende, ci invade, e ci costringe a rimanere in quello sguardo, in quell’incontro. La gioia dei discepoli alla vista del Signore risorto è di questo tipo: non una delle piccole soddisfazioni della quotidianità, non un passeggero stato d’animo, ma la consapevolezza di essere toccati nel profondo, di essere interpellati e personalmente coinvolti. Ma ancor più è una gioia tutta particolare quella dell’incontro con il Signore risorto, perché oltre alla forza immane dell’inaudito e dell’inaspettato, porta con sé la consapevolezza che in Lui le nostre più profonde paure sono davvero dissolte, che la negatività e il male, la paura e tutto ciò che è contro la nostra umanità, viene definitivamente sconfitto ed eliminato. Ma, come se non bastasse, è un incontro che riabilita la storia: sia quella che raccoglie le aspirazioni e le speranze di un popolo, sia quella che ogni essere umano porta con sé. È a questa gioia che il vescovo Piazza ha invitato Alen, Stanley e Kartik (i nuovi diaconi) ad abbeverarsi, a questa gioia a chiesto loro di diventare testimoni, a viverla e a trasmetterla. Nonostante tutte le paure e le sofferenze, nonostante la tristezza che viviamo per il distacco da chi ci ha lasciato da poco e poteva essere qui (Elvis), la diaconia che oggi è urgente annunciare e testimoniare è quella della speranza e della gioia del messaggio evangelico. Solo la consapevolezza dell’immenso dono dell’amore del Padre ci permette di leggere la nostra, e le vite di tutti, come vite nelle mani di Dio, come vite in buone mani.


15 April 2024

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