Quaranta, e poi?


  • 31 August 2020

Un manipolo di giuseppini ha celebrato 40 anni di ordinazione presbiterale: 1980 - 2020. Congratulazioni! Grazie. Eccoli come da foto, da sinistra verso destra: Mario, Giuseppe, Luigi, Giambattista, Antonio, Pasquale, Giorgio, Claudio, Michele, Carlo, Sandro, Gianmario, Pietro e Sereno. È l’unione di due annate, una buona produzione! Col passare degli anni alcuni hanno preso un orientamento diverso, chi si è trasferito in Diocesi, chi è entrato in convento e chi si è inoltrato in un contesto matrimoniale. D’obbligo la domanda: e allora come sono stati questi 40 anni? Cosa ci dite della vostra esperienza? Non esiste il testo delle loro interviste, così mi inoltro in alcune suggestioni.

La mia geografia parla. Una volta spiegate le vele dell’ordinazione sacerdotale, dove mi ha portato il vento dello Spirito? E così rileggo l’itinerario abbastanza lungo della mia vita ripercorrendo i luoghi dove sono vissuto. In questa e in quella comunità, in ambienti familiari e in altri poco conosciuti, realtà con tante incognite e altre di facile comprensione. E mi chiedo: “Perché, Signore, mi hai guidato in quel posto? Perché proprio lì?” Non sempre il luogo era stato da me scelto, nemmeno la durata della mia permanenza, a volte mi sono sentito un po’ straniero, ci sono stati momenti in cui mi sono chiesto cosa ci stessi a fare in quell’ambiente. Davanti al tracciato della mia vita mi sono sorpreso a corrugare le sopracciglia, e in silenzio, chiedermi: “Dove mi stai portando?” Quanta strada percorsa, da Lui progettata e fatta assieme! E Lui a ripetere: “Seguimi”.

La mia storia parla. La mia storia è il risultato di tante storie, tantissime. Quante persone, quanti volti, quanta umanità si é intrecciata e compenetrata in questi anni. Non ricordo tutte le persone che ho incontrato, ma le porto dentro di me, tutte, e scopro quanto sia ricca la storia di ciascuno. Quante vicende, quanti incontri, che ridda di sentimenti, di attese e preoccupazioni, quanti momenti di serenità e di timori mi sono stati presentati. Li ponevo ogni mattina sull’altare. Ho imparato a guardare negli occhi e ad ascoltare. Al tanto parlare quanto è preferibile lo sguardo e la contemplazione che molto arricchiscono la nostra interiorità. Una cosa ho notato, che dattorno c’è molta sofferenza, così difficile da capire e da accettare, che chiede di essere considerata e condivisa. Un’altra cosa ho osservato, che le persone più “belle” sono quelle che più si sono lasciate coinvolgere dal Signore. Lo rivelano il loro modo di parlare, di comportarsi e di avvicinarsi a te, al tuo mistero, sempre con tanta discrezione e delicatezza.

La mia missione parla. “Perché tutto ciò, Padre mio?” Non è stato il caso, non è stato il destino ad aver guidato la mia vita. Sono convinto che ognuno di noi è il frutto di un atto di amore ed è guidato dall’amore. Riconosco che qualche volta non é stato ben espresso. Il Signore, che da tutta l’eternità aveva pensato a me, mi ha voluto come espressione amorevole, per un motivo ben preciso e buono. E così è per ciascuno. Siamo stati tutti chiamati ad una “missione”, disposti come una tessera in un’opera nata nel cuore di Dio, dentro quel misterioso disegno provvidenziale in cui ognuno è pensato con amore e voluto assieme agli altri. Non sempre è stato chiaro il “perché” e il “come” dei miei giorni, ma su tutti è prevalso quel silenzio intimo e profondo la cui origine viene da lontano e la cui pienezza avrà compimento. Mi sfugge il significato pieno di me stesso, dei tanti pensieri che ho in testa, ma sono certo che sono amato, accompagnato e perdonato. Avrò svolto bene la mia missione? Non lo so. Lo saprò. Con Pietro ripeto: “Tu sai che io ti amo”.

Congratulazioni. E poi? L’anniversario di noi 14 è la celebrazione di tutti, noi e voi. Lo è soprattutto per coloro che non sono arrivati a tanto, lo è per coloro che vi sono arrivati con difficoltà. Guardiamo avanti verso dove il Signore vorrà, come lo vorrà. Ci siamo incontrati, 8 di noi, a fine agosto, a Paluzza (Udine). Lì abbiamo celebrato, come siamo soliti fare, in tre tempi: attorno all’altare, prendendoci un tempo di riflessione e, in fine, polenta e formaggio, …innaffiati! In Carnia, dove eravamo, si suol dire: “mandi” (mane in Deo), rimani con Dio. Sì, con Dio, verso il 45mo! E con voi.

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Festeggiana 50mo di sacerdozio...

Dal 15 al 20 aprile,  9 sacerdoti Giuseppini si sono ritrovati in Casa Generalizia per festeggiare il loro 50mo di sacerdozio. Sono: P. Mauro Guglielmo (da Foggia), p. Mauro Peserico (da Montecchio), p. Gino Cia - p. Giuseppe Menzato - p. Paolo Manea (da Oderzo), p. Solideo Poletti e p. Leonardo Rigoni (da Ravenna), P. Pedro Olea ( da Siguenza), p. Mariano Zenere (da Madrid). Non era presente nel gruppo del 50mo p. José Vincente Novoa (Ecuador), impossibilitato a venire. A questo gruppo appartengono altri 2 confratelli venuti a mancare un paio di anni fa causa covid (p. Giuseppe Garbin e p. Franco Zago). Nei giorni trascorsi a Roma sono stati ricevuti in udienza dal papa con cui hanno potuto scambiare personalmente qualche parola. Hanno potuto visitare la comunità "Nuovi Orizzonti" e la comunità di sant'Egidio sempre a Roma mentre giovedì 19 hanno celebrato la santa messa con i nostri teologi a Viterbo, dove erano stati consacrati 50 anni fa. Una settimana di intensa esperienza, avendo potuto incontrare di nuovo compagni di ordinazione non visti da parecchi anni e codividendo esperienze fatte e ringraziando il Signore per i doni ricevuti. Han visitato Viterbo dove erano stati ordinati sacerdoti, e a Roma hanno incontrato rappresentanti della Comunità Sant'Egidio e di Nuovi Orizzonti.  Si sono presi anche un po ' di tempo per la preghiera e per dialogare tra loro e concludendo questo momento comunitario sabato 20.  A tutto il gruppo ancora tanti auguri aspettandoli per il 60mo di sacerdozio.


18 April 2024

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Nuovi diaconi giuseppini

La diaconia che serve…   La gioia, come la paura, ci può a volte bloccare. Può essere un’esperienza talmente forte e coinvolgente che non lascia tempo e spazio al pensiero; e ci prende, ci invade, e ci costringe a rimanere in quello sguardo, in quell’incontro. La gioia dei discepoli alla vista del Signore risorto è di questo tipo: non una delle piccole soddisfazioni della quotidianità, non un passeggero stato d’animo, ma la consapevolezza di essere toccati nel profondo, di essere interpellati e personalmente coinvolti. Ma ancor più è una gioia tutta particolare quella dell’incontro con il Signore risorto, perché oltre alla forza immane dell’inaudito e dell’inaspettato, porta con sé la consapevolezza che in Lui le nostre più profonde paure sono davvero dissolte, che la negatività e il male, la paura e tutto ciò che è contro la nostra umanità, viene definitivamente sconfitto ed eliminato. Ma, come se non bastasse, è un incontro che riabilita la storia: sia quella che raccoglie le aspirazioni e le speranze di un popolo, sia quella che ogni essere umano porta con sé. È a questa gioia che il vescovo Piazza ha invitato Alen, Stanley e Kartik (i nuovi diaconi) ad abbeverarsi, a questa gioia a chiesto loro di diventare testimoni, a viverla e a trasmetterla. Nonostante tutte le paure e le sofferenze, nonostante la tristezza che viviamo per il distacco da chi ci ha lasciato da poco e poteva essere qui (Elvis), la diaconia che oggi è urgente annunciare e testimoniare è quella della speranza e della gioia del messaggio evangelico. Solo la consapevolezza dell’immenso dono dell’amore del Padre ci permette di leggere la nostra, e le vite di tutti, come vite nelle mani di Dio, come vite in buone mani.


15 April 2024

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